Il “Rispetto per i bambini” è un valore che come educatrice mi è particolarmente caro. Ma ve ne è un secondo -sempre più desueto- che porto scolpito nel cuore “rispetto per gli adulti”.
Fin da piccola mi è stato inculcato che gli anziani sono sacri, la mamma è sovrana, e che l’adulto ha sempre ragione.
Nei rari casi in cui i miei genitori venivano chiamati dalle mie insegnanti mi beccavo due scappellotti, il primo preventivo, nel caso mi fossi comportata male; il secondo punitivo, nel caso mi fossi effettivamente comportata male.
In ogni caso l’insegnante aveva sempre ragione.
Tuttavia non è di questo che voglio parlare, piuttosto vorrei illustrare come ci si rivolge a un adulto in Costa D’Avorio, e le implicazioni che spesso ne derivano.
In alcune zone dell’Africa è quasi proibito appellarsi a un adulto chiamandolo per nome. Si osserva l’usanza, invece, di chiamare le persone più grandi “zio” o “zia”.
In Costa D’avorio l’arbitrarietà nell’appellare e appellarsi è pressoché un’arte.
Gli adulti vengono chiamati anche “zietto” o “zietta”, e a seconda del “respect-level” si passa all’upgrade: “Mamma/Papà” per persone che non ti hanno né concepito. Né partorito, né adottato , e infine “La vecchia/Il vecchio” (titoli che esulano totalmente dall’età del soggetto).
Questa usanza, colpevole di vanificare gli sforzi di già poco efficienti impiegati all’anagrafe, defrauda ogni giorno milioni di adulti della propria identità.
Detto in tutta onestà, non ricordo cosa mi venne commissionato quel giorno. Un verosimile scenario potrebbe essere quello della tensione respirata durante gli anni della Guerra Fredda.
Fu come se avessi ricevuto un importante informazione per la salvaguardia della pace globale.